Io amo la tua verecondia, tu anzi la libertà di parlare! Questa piacque anche a Zenone, uomo di grande
ingegno, sebbene la nostra Accademia polemizzi con lui fortemente. Ma, come ho detto, gli Stoici amano
nominare ciascuna cosa con il suo nome, ed ecco le loro ragioni: non esserci cosa oscena, non c'è nemmeno parola oscena. Perciò se nella oscenità c'è qualche delitto, o sta nella cosa, o nella parola: non si può uscire da questi due.[...] Se infatti quello indicato con una parola non è turpe, la parola che significa, non può essere turpe! Chiami l'ano con parola straniera, piuttosto perché non con il suo nome proprio? Se è turpe, forse che non è anche con un altro nome? Se non è turpe, non lo è nemmeno il suo nome proprio! Gli antichi chiamavano la coda "pene", da cui, per similitudine "penello", ma oggi "pene" è parola oscena (intendi: mentre non lo è pennello, che deriva da parola oscena).
M.T. Cicerone, Ad Familiares 9, 22
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