Emil Cioran, Il funesto demiurgo
Da un po' di tempo mi sono ritrovato a provare uno strano piacere nel collezionare cose: fumetti, cd, t shirt. Prima avevo sempre rifuggito l'ansia del collezionista, la smania di avere un oggetto invece che un altro. La cosa interessante è che io volontariamente lascio dei buchi in queste mie collezioni, oppure mi cimento a cercare cose che so che non finirò in tempi brevi.
L'elemento che mi spinge è la consapevolezza di questa potenzialmente infinita ricerca: potrei metterci anni a trovare delle foto, che dovrò fare dei giri infiniti per avere quel volume de "I Fumetti di Repubblica" ecc. Le suggestioni che mi guidano in realtà sono due: da un lato finire la collezione, dando un senso a ogni acquisto, anche fatto in qualche altra città, dall'altro costituire un patrimonio per un ipotetico futuro. Quando tra vent'anni rivedrò gli oggetti mi ricorderò del mio passato, di un ricordo altrimenti dimenticato, soprattutto avrò un'idea del tempo che è passato.
Motivo questo per cui quando faccio foto, catturo cose banali, inconsistenti, come la festa di un santo patrono, il teatro dei burattini o due vecchietti che mi camminano davanti dandosi il braccio, anche perchè mi colpì un'osservazione di Roland Barthes: "Ciò che la fotografia riproduce all'infinito ha avuto luogo una sola volta: essa ripete meccanicamente ciò che non potrà mai più a ripetersi esistenzialmente.". Mi stupisce molto, forse in maniera anche molto sciocca, come gli indiani d'America che pensavano che le foto rubassero l'anima, che io abbia catturato un momento che non c'è più. Un momento per di più senza alcun significato, qualcosa che rasenta il nulla e finisce nell'oblio, io invece lo tiro fuori dall'oblio e lo metto lì, a disposizione, spero, di me postero. Il mio catturare questo momento lo rende quindi ancora più momentaneo, ma per una scelta del tutto casuale io ho fatto sì che quel momento qualsiasi si trascendesse e che non si perdesse nel fiume delle cose.
Così per tutto, in fondo. Cerco di conservare scontrini, biglietti della metro che ho usato e che non valgono più, ma che acquistano valore proprio perchè invece di essere stati buttati, stanno nel mio portafogli come piccoli tibicines per la mia memoria.
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