mercoledì 27 febbraio 2013

Ond' io sovente arrosso e disfavillo


La provedenza, che quivi comparte 
vice e officio, nel beato coro 
silenzio posto avea da ogne parte,

quand' ïo udi': «Se io mi trascoloro, 
non ti maravigliar, ché, dicend' io, 
vedrai trascolorar tutti costoro.

Quelli ch'usurpa in terra il luogo mio, 
il luogo mio, il luogo mio, che vaca 
ne la presenza del Figliuol di Dio,

fatt' ha del cimitero mio cloaca 
del sangue e de la puzza; onde 'l perverso 
che cadde di qua sù, là giù si placa». [...]

«Non fu la sposa di Cristo allevata 
del sangue mio, di Lin, di quel di Cleto, 
per essere ad acquisto d'oro usata;

ma per acquisto d'esto viver lieto 
e Sisto e Pïo e Calisto e Urbano 
sparser lo sangue dopo molto fleto.

Non fu nostra intenzion ch'a destra mano 
d'i nostri successor parte sedesse, 
parte da l'altra del popol cristiano;

né che le chiavi che mi fuor concesse, 
divenisser signaculo in vessillo 
che contra battezzati combattesse;

né ch'io fossi figura di sigillo 
a privilegi venduti e mendaci, 
ond' io sovente arrosso e disfavillo.

In vesta di pastor lupi rapaci 
si veggion di qua sù per tutti i paschi: 
o difesa di Dio, perché pur giaci?

Del sangue nostro Caorsini e Guaschi 
s'apparecchian di bere: o buon principio, 
a che vil fine convien che tu caschi!

Ma l'alta provedenza, che con Scipio 
difese a Roma la gloria del mondo, 
soccorrà tosto, sì com' io concipio;

e tu, figliuol, che per lo mortal pondo 
ancor giù tornerai, apri la bocca, 
e non asconder quel ch'io non ascondo».

Dante Alighieri, Divina Commedia, Paradiso XXVII, vv.16-27 e vv. 40-66.