lunedì 30 luglio 2012

Appunti di viaggio nel sud del sud dei santi

Si viveva davvero senza strutture, fuori da ogni struttura, si ballava il ballo di San Vito dei buchi neri del linguaggio, delle contraddizioni.
CB

Come per il Carnevale anche l'estate offre qualcosa che mi fa partire le rotelline del cervello verso lidi arcaici. Tra i palloncini, le caramelle, bimbi che piangono, l'estate, nel Sud del sud dei santi è il luogo delle feste patronali. Feste in cui comunità si radunano intorno a un modello religioso, più o meno coinvolto nella vita passata, legato a fatti tradizionalmente riconosciuti miracolosi, che si perdono nella notte dei tempi. Ecco quello che mi colpisce: l'esplosione, sublimata ormai da secoli, dell'irrazionale. C'è chi si concentra sull'aspetto folkloristico, chi sul neomelodico  di turno che macina concerti in nero sui palchi delle piazze di paesi più o meno grandi; a me, come già scrissi per il Carnevale appunto, colpisce invece per quello che c'è al di là.  Una parte della festa, quella tipicamente religiosa, che ne sei secoli è stata etichettata come "pratica pietosa" "devozione" in realtà prevede che un gruppo di persone, maschi e femmine, si sottopongano a una inesausta fatica portando per tutto il giorno una pesante agalma del santo di turno. Uso la parola greca agalma e non statua perchè, da quello che mi è dato di capire, è il tramite col divino, è la massa di cartapesta antropomorfa ad essere la copula tra la terra e il cielo. Oggetto di venerazione a sé stante, intorno alle presunte facoltà miracolose cresce un florilegio di aneddoti, uno dei quali, il più diffuso e più recente, è che  la statua sia sopravvissuta ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Dicevo, una parte della popolazione si sottopone in maniera quasi masochista a prove come corse, ciondolii, urla dei corifeo che coordina i movimenti, sopportando pesi enormi. Alla fine della fiera, sempre tra granite, caramelle, il neomelodico di cui sopra, gli accollatori esausti sono riaccolti dalle famiglie e abbracciati a mogli e figli. C'è chi ci vede la devozione, io ci vedo ciò che rimane di un rito antichissimo che parla di uscita dal sé e di riconoscimento sociale. Mi fa gioco la considerazione di Carlo Levi che al sud la ragione cartesiana, la misura, non sono ancora entrate. Sfogliando il volume "Sud e magia" di De Martino si vedono immagini di fattuchiere, uomini e donne che curano i deliri provocati dalle febbri reumatiche (il ballo di san Vito) con i violini e con ritmi incessanti.

Quel volume è del 1959, comprende studi entologici compiuti in Lucania, ma non penso che quello che vado osservando nei dintorni da un paio di mesi tra Caserta e le sue vicinanze gli sia molto distante. Non ci sono più tarantolati, le feste sono dei momenti conviviali, ma in entrambi i momenti è comune una certa ansia verso l'andare oltre sé stessi, del tutto incosapevole ovviamente, di quanti si sottopongono a sforzi del tutto gratuiti. La distanza è inoltre provocata dal fatto che qui, dove gli aggregati che conosciamo sono relativamente recenti, sia arrivato qualcosa di sublimato, ma che penso sia comunque collegato appunto, al Sud e alla Magia. Mi ricordano tanto ritualità ormai perdute anche alcune scelte culinarie borghesi, come scegliersi un tipo di pesce o un gelato prima o dopo una festa, e solo in quella determinata occasione. Tutto questo, che noi conosciamo come tradizione, come cose tramandateci dai nonni (per via orale, non a caso) penso siano comunque quei tentativi costantemente messi in atto dall'uomo di definire se stesso, la propria identità, di dare nome alle cose. Ovviamente queste manifestazioni sono l'ultimo risultato di un processo che ha contrapposto la magia alla ragione, l'oralità alla scrittura, e come per il carnevale, in una società che da tre secoli ha elevato la ragione a paradigma del mondo, l'antico sfogo della parte irrazionale del'uomo, l'uscire dal principium individuationis, della volontà che vuole solo espandersi, viene accettato solo se anestetizzato dalla ratio religiosa e dalla accettazione della contesto sociale, elementi che di fatto ne squalificano la carica irrazionale e ciaca, quasi eversiva.
Bimbo che posa in foto vicino sant'Antimo (Recale, CE)

sabato 28 luglio 2012

Dalla mano del tempo



Animula

Va dalla mano di Dio, l’anima semplice,
A un mondo piatto di luci cangianti e suono,
Alla luce, oscurità, asciutto, bagnato, freddo o caldo,
Muovendosi tra le gambe dei tavoli e delle sedie
Alzandosi o cadendo,
Afferrando baci e giocattoli,
Avanzando audacemente, allarmandosi all’improvviso,
Ritirandosi nell’angolo di braccio e ginocchio,
Vogliosa di consolazione, prendendo piacere
nel fragrante brillio dell’albero di Natale
Piacere nel vento, la luce del sole e il mare
studia il gioco dei raggi di sole sul pavimento.
E correndo sventola un nastro argentato:
confonde il frivolo con il concreto,
felice di giocare con le carte e le regine e i re,
cosa le fate fanno e cosa i servi dicono.
Il pesante fardello dell’anima che cresce
rende perplessa e offende di più ogni giorno
ogni settimana, rende perplessa e offende di più.
Con gli imperativi del "così sembra"
e posso e non posso, desiderio e controllo.
Il dolore di vivere e la droga dei sogni
Arrotolano la piccola anima nella poltrona
dietro l’Enciclopedia Britannica.
Va dalla mano del tempo, l’anima semplice,
irresoluta ed egoista, malformata, lamentosa,
incapace di avanzare o ritirarsi,
che teme la calda realtà, il bene offerto,
che nega la macchia inopportuna
ombra della sua stessa ombra, spettro della sua stessa oscurità,
che lascia fogli disordinati in una stanza polverosa;
nel primo silenzio dopo il viatico
prega per Guiterriez, avido di velocità e potere
per Boudin, esploso in mille pezzi,
Per questo che ha fatto una grande fortuna
E questo che è andato per la sua strada.
Prega per Floret sbranata dal cane tra le siepi di tasso,
Prega per noi adesso e nell’ora della nostra nascita.

T.S.Eliot, 1928

martedì 24 luglio 2012

Pappare

o



Il mondo ipocrita non vuol dare importanza al mangiare; ma poi non si fa festa, civile o religiosa, che non si distenda la tovaglia e non si cerchi di pappare del meglio.
Il Pananti dice:

Tutte le società, tutte le feste
Cominciano e finiscono in pappate,
E prima che s’accomodin le teste
Voglion esser le pance accomodate.

I preti che non son dei meno accorti,
Fan dieci miglia per un desinare.
O che si faccia l’uffizio dei morti,
O la festa del santo titolare,
Se non c’è dopo la sua pappatoria
Il salmo non finisce con la gloria.




Pellegrino Artusi,  La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, 1891






venerdì 20 luglio 2012

Sapori semplici


I sapori semplici danno lo stesso piacere dei più raffinati, l'acqua e un pezzo di pane fanno il piacere più pieno a chi ne manca. Saper vivere di poco non solo porta salute e ci fa privi d'apprensione verso i bisogni della vita ma anche, quando ad intervalli ci capita di menare un'esistenza ricca, ci fa apprezzare meglio questa condizione e indifferenti verso gli scherzi della sorte. Quando dunque diciamo che il bene è il piacere, non intendiamo il semplice piacere dei goderecci, come credono coloro che ignorano il nostro pensiero, o lo avversano, o lo interpretano male, ma quanto aiuta il corpo a non soffrire e l'animo a essere sereno.

Epicuro, Epistola a Meneceo

lunedì 16 luglio 2012

Sfiorano appena




La bicicletta siamo noi, che vinciamo lo spazio e il tempo: soli, senza nemmeno il contatto con la terra che le nostre ruote sfiorano appena.
Alfredo Oriani, La bicicletta, 1902

mercoledì 11 luglio 2012

Si effonde

Protomeequina by VastMan89
Protomeequina, a photo by VastMan89 on Flickr.

L'arte, questo prolungamento della foresta delle vostre vene, che si effonde, fuori dal corpo, nell'infinito dello spazio e del tempo.
Filippo Tommaso Marinetti, Manifesto tecnico della letteratura futurista, 1912

domenica 8 luglio 2012

Pane&Pomodoro





Pane e pomodoro

    pane
    pomodori maturi
    olio
    sale

Fette di pane casereccio, con mollica, del giorno prima. Pomodori maturi tagliati a metà e sfregati sul pane dove lasciano i semi, l'acquetta e la polpa strappata alla pelle dalla ruvidità del pane.
Sale ben distribuito: deve essere umido.
Un filo d'olio. Prendere ogni fetta di pane con le dita dalla parte della crosta, stringerla e lasciarla poi andare in modo che l'olio si sparga liberamente.

E' indispensabile che tutti gli esseri e tutti i popoli saggi della terra capiscano che pane e pomodoro è un paesaggio fondamentale dell'alimentazione umana. Piatto peccaminoso per eccellenza perché comprende e semplifica il peccato rendendolo accessibile a chiunque. Piatto peccaminoso in quanto può significare un'alternativa a tutto ciò che è trascendente, a tutto ciò che è pericolosamente trascendente, se diventa cultura della negazione. Non fate la guerra ma pane e pomodoro. Non votate per la destra ma mangiate pane e pomodoro. No alla NATO e sì al pane e pomodoro. Ovunque e sempre.

Pane. Pomodoro. Olio. Sale.

E dopo l'amore, pane e pomodoro e un po' di salame.

(M.Vazquéz Montalban,  Ricette Immorali)

sabato 7 luglio 2012

San Fermin



...ad un tratto gente cominciò a venir giù per la strada. Correvano vicini. Passarono e sparirono verso l'arena, poi dietro di loro altri uomini corsero più veloci, poi vennero pochi isolani che davvero correvano. Dietro di loro c'era un piccolo spazio libero, poi i tori venivano al galoppo e roteando le corna. Il tutto scomparve alla vista dietro l'angolo. Un uomo cadde e si tirò da parte, rimase immobile disteso. Ma i tori passarono oltre e non badarono a lui. Tutti uniti correvano.
Ernest Hemingway, Fiesta




martedì 3 luglio 2012

Spagna Italia

Mondiali del 1934 in Italia. Per la sfida valevole per la semifinale Mussolini fa "sparire" il portiere spagnolo Ricardo Zamora, considerato uno dei più forti portieri al mondo.
In suo onore, al termine del campionato spagnolo di massima divisione, viene assegnato al portiere meno battuto il Trofeo Zamora.

Se mi capita di entrare in chiesa, me ne sto a guardare il Cristo, a braccia spalancate, e penso che è là, con quel gesto, a parare i peccati del mondo. Devono arrivargli sul palmo come fucilate. Così, trovandomi in porta durante una partita, mi sembra di essere anch'io sopra un altare e stendo le mani, e mi piace ricordare Cristo quando prendo i palloni. RZ

domenica 1 luglio 2012

Summer





Il caldo si fa sentire, è passato Scipione e ora ci intrattiene Caronte, il 21 giugno è abbondantemente passato, quindi possiamo giustificare sotto tutti i punti di vista il fatto che siamo in estate. Tutto l'anno è proiettato a questa stagione, che in napoletano (e qui dirò una cosa che lascerà molti malissimo, ma il napoletano è un dialetto, non una lingua, se è vero che la lingua è "un esercito che ha vinto una guerra"), in napoletano, dicevo, l'estate è'a staggion', la stagione per eccellenza. Carica di buoni propositi, che si sciolgono, manco sentissero pure loro il caldo soffocante del meriggiare pallido e assorto. Tutti vorremmo fare tutto, andare a mare, leggere libri, rilassarsi, e tutti finiamo a bestemmiare per il caldo, dormire e sudare. La volontà viene fiaccata dall'afa, il caldo impedisce di concepire anche il pensiero più elementare. Ancora oggi per me è un mistero come frotte di persone si mettano in viaggio verso posti affollati da altre persone per trovare relax smazzandosi il traffico autostradale, le file, i creaturi che corrono, le spiagge che forse sono ancora pasoliniane, profusione di panze, tette scese, uomini glabri, rotoli di cellulite, tutti religiosamente cosparsi di olio che ne aumenta il volume, la presenza fisica, le rende quasi riflettenti dei raggi solari. Ovviamente capisco tutto, anche io ho una panza che di tanto in tanto espongo al mondo, ma non è una cosa che faccio con la coscienza pulita. Come ho cercato di comunicare con la foto, invece, l'estate in città diventa la pura percezione del nulla: giorni che passano uguali a se stessi, per salvare la propria mente si parte con voler finalmente leggere, che so, Tolstoj, e si finisce su una disimpegnata Agatha Christie. A sera si alza un po' di venticello che fa muovere le bandierine dei mondiali e degli europei che, a cadenza biennale, fanno almeno un po' fiorire di tricolori i balconi, altrimenti un po' tristi. Piccola nota: ci si lamenta che gli italiani si sentono tali solo durante i torni calcistici: mi è capitato di andare però a Parigi, a Londra, e non mi pare che nessuno volesse esprimere gratis il proprio essere francese o inglese. Comunque, ritornano i soliti riti, le solite lamentele, non fate burdello è una partita amma rorm questo cafoni che fanno chiasso oddio quanto li odio finitela!, le feste dei santi patroni, i fuochi che misteriosamente si sentono chissà per cosa, le sagre di qualsiasi cosa commestibile. E se vai al mercato per vedere l'umanità alle prese con la sopravvivenza, oltre al tizio che ti vende la granitina fatta col ghiaccio grattato, non quella Eraclea per intenderci, vicino al bancariello della frutta gli scarti buttati via impastrati dall'acqua, e cotto da sole possono regalarti una certa reminiscenza d'annunziana 

    Nella belletta i giunchi hanno l'odore 
       delle persiche mézze e delle rose 
       passe, del miele guasto e della morte. 
            Or tutta la palude è come un fiore 
    lutulento che il sol d'agosto cuoce, 
       con non so che dolcigna afa di morte. 
            Ammutisce la rana, se m'appresso. 
       Le bolle d'aria salgono in silenzio.