mercoledì 29 febbraio 2012

Viaggio


Dass unsere Entdeckungsreisen nie ein Ende haben .

Paul Wühr

Che i nostri viaggi d'esplorazione non abbiano mai fine.


domenica 26 febbraio 2012

Sherlock Holmes



La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell'esistenza.
La lega dei Capelli Rossi


giovedì 23 febbraio 2012

Cafè de la Paix


Ancora oggi le renne della tundra
trasportano tribù di nomadi
che percorrono migliaia
di chilometri in un anno
E a vederli mi sembrano felici
Ti sembrano felici? 


Guido Crepax. Il sogno degli anni '60


martedì 21 febbraio 2012

Ma sos Mamuthones che hanno a che fare con Dioniso?

Le maschere sono chiamate Mamuthones, e derivano il loro nome da “maimatto”, ossia il tempestoso, colui che infuria (nel senso che fa infuriare la tempesta). Questo epìteto veniva dato allo Zeus Pluviale, divinità del mondo sotterraneo che veniva identificato con Dioniso, che ogni anno moriva, per rinascere a primavera con la vegetazione dei campi, nel ciclo annuale dell'eterno ritorno. I Mamuthones, quando mimano la sacra rappresentazione, eseguono una sorta di danza zoppicante. Si tratta dello squilibrio deambulatorio proprio delle feste dionisiache, necessario per risvegliare la vegetazione. Essi sono tradizionalmente dodici, come i mesi dell'anno, e sono circondati da otto guardiani detti Issohadores perché muniti di un laccio (soha) col quale catturare la vittima (il mamuthone), se questa tentasse di sfuggire alla morte che l'aspetta. I campanacci che queste maschere portano sulle spalle e sul davanti hanno funzione apotropaica, servono cioè per allontanare gli spiriti del male durante la cerimonia propiziatoria che in tempi lontani veniva rappresentata nelle varie fasi della passione e morte del dio. I Mamuthones portano sempre un fazzoletto da donna, di colore scuro, che contorna la maschera lignea (visera) e avvolge completamente la testa di chi lo indossa. Questo indumento, appartenente al costume femminile, non manca mai nel travestimento, quasi si volesse mettere in evidenza l'androginìa del dio. Un tempo queste maschere portavano gli indumenti alla rovescia, in segno di lutto per la divinità che stava per morire.

Source:http://www.tradizionisarde.com/vendita/2-maschere/9-maschere-sarde/48-mamuthone.html


lunedì 20 febbraio 2012

Nous ne sommes pas, nous ne voulons pas, être fort


Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
PPP


domenica 19 febbraio 2012

Solo gli ottusi sono brillanti la mattina a colazione.
O. Wilde


[Chi sono, dove sono, quando sono assente di me?
Da dove vengo, dove vado?]
-Pensieri mentre percorro il corridoio appena sveglio-

 Li ho visti, li ho visti in folla a Ferragosto. Erano l'immagine della frenesia più insolente. Ponevano un tale impegno nel divertirsi a tutti i costi, che parevano in uno stato di «raptus»: era difficile non considerarli spregevoli o comunque colpevolmente incoscienti.
PPP








Ὃν οἱ θεοὶ φιλοῦσιν, ἀποθνήσκει νέος.
Menander,   fr.125.

sabato 18 febbraio 2012

Astuccio delle ali

Ah signora! 
Quella che lei crede una gobba, è l'astuccio delle mie ali!



martedì 14 febbraio 2012

Seme

I media internazionali hanno ripreso a parlare della Grecia, soprattutto in questi giorni in cui il parlamento greco ha approvato una serie di riforme economiche per poter continuare a rimanere nell'Euro. Io sono stato in Grecia la primavera scorsa, in  viaggio con l'università e ancora adesso mi risulta difficile riuscire a descrivere tutte le sensazioni che questo contatto mi ha lasciato, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo. Già ai tempi si profilavano prospettive plumbee per l'economia greca, ma vuoi per la quotidianità, vuoi per lo spirito del viaggio, semplicemente non ci abbiamo fatto caso. Due sono le sensazioni che ancora ricordo distintamente, una collegata alla Grecia nel suo insieme, l'altra ad Atene. La Grecia è una nazione sì mediterranea, ma al contempo povera, quasi pasoliniana. La macchia mediterranea non nascondeva infatti la natura quasi di sussistenza che avevano lì le varie attività umane, uguali in tutto e per tutto a quelle di un centro abitato dell'Italia meridionale di 10 anni fa: stessi colori, stessi banconi del macellaio, stesse insegne, tavolini, buste di patatine... Una volta, fermi in un ambrione di autogrill in Beozia, mentre la mia mente un po' deviata pensava a Esiodo che scriveva le Opere e i Giorni lì vicino, mi rendo conto che stiamo su una autostrada senza alcuna indicazione. Se si fonde il motore, mi chiedevo, come cazzo facciamo qua? " Salve sono un Socio Aci sono in panne nel bel mezzo della Beozia!". Tutto questo dopo aver fatto pipì nello scasso di macchine dietro al bar, tra vecchie Opel Agila, Fiat Duna e quant'altro gli anni '80 e '90 ci abbiano lasciato in fatto di auto. Anche la cucina risente di questa quasi disidratazione dell'ambiente: non c'è nulla che vada oltre l'insalata con la feta, i souvlaki (spiedini di carne), la pita. Il vino poi è sempre della casa. Se avete letto qualche post precedente avrete capito che al livello gastronomico per me è il paradiso: anzi, un cibo così semplice no fa altro che farmi ipotizzare che tre mila anni fa si mangiasse tutto così, uguale, che anche Platone mangiasse souvlaki. Per certo Socrate beveva quel vino fantastico che scende e sale in testa in maniera anche troppo disinvolta, e non mi riesce difficile capire perchè anche Polifemo, che non era abituato, si addormentò dopo averne bevuto. La Grecia quindi è ciò che vedete, non andateci a cercare altro, struttura scevra anche dell'idea di una sovrastuttura
Foto Simone Foresta
Per Atene il discorso cambia, o forse no. Ci hanno messo in testa che è stato il centro e l'apice della civiltà, ma a me è sembrato che ne sia stata, e ne sia ancora, l'incubatrice. Come altra capitale europea ho visitato solo Parigi: ebbene quest'ultima mi sembra sospera tra Napoleone e la Belle Epoque, mentre Atene è ancora il seme, l'embrione di tutto.Sentir parlare un greco è come sentir parlare uno spagnolo, un francese, un italiano, tutti insieme: anche se non lo capisci ti trovi a tuo agio. Ha, la lingua greca, una continuità di circa 6 mila anni, ha pronunciato tutti i concetti del mondo, e non sono Erasmo da Rotternam o Giovanni Reuchlin che fermeranno la continuità che c'è tra un abitante di Atene del 2012 d.C. e uno del V° secolo a.C. Nemmeno l'influsso del turco o dell'albanese segnano una frattura, e se pensiamo che il cirillico altro non è che un misto tra protoslavo e greco, vediamo come il greco vada ben oltre i confini che gli si è soliti assegnare. Non c'è niente della nostra cultura che non sia passato da lì. Le tavolette bruciacchiate che segnano l'inizio di una azione arrivata fino a me, la comunicazione tramite segni scritti, i popi ortodossi che ancora ti non concepiscono il Filioque, le maschere che come ho scritto ieri vengono dal teatro di Dioniso, il fatto di poter vedere il teatro di Dioniso e il Partenone con le tracce di Fidia e di Morosini rendono questa terra uno specchio in cui quel famoso homo interior che sta dentro di noi si ritrovi a casa.

domenica 12 febbraio 2012

Profondo

Tutto ciò che è profondo ama la maschera.
F. Nietzsche

L'irrazionale bussa alle porte della nostra ragione, anzi, a dirla con Kant, la ragione è "un'isola nel mare dell'irrazionale". Contrasti archetipi e primordiali ritornano con il ritorno della natura. Il cristianesimo ha messo sul risveglio del mondo il risveglio di Dio dalla morte, ma non è riuscito a incanalare ed esaurire le forze archetipe che pure battono violentemente dove non arriva il sole della ragione. Le prime maschere erano di Dioniso, dio dell'ebrezza, e gli uomini usavano tingersi la faccia con il rosso delle vinacce, contrarre il volto e tirar fuori la lingua in espressioni animalesche che lo riconnettono alla natura e ai suoi istinti più profondi, dove il sangue caldo rolle, ribolle e fuma nella lotta per la vita. La civiltà ha legato alla maschera prima l'arte, poi al trattenimento de li piccerille. I bambini vestiti da Zorro, Fata Turchina o quant'altro non sanno di essere gli unici eredi di una tradizione millenaria.

Mamutones, foto Dorgali
Caratteri somatici portati all'eccesso, rughe che solcano i volti di pietra e di cuoi, le suole,  l'uomo perde il suo principium individuationis che gli impone di essere solo uno e non i centomila che gli si agitano dentro, e sublimano gli istinti irrazionali tramite danze, salti, rumori sincopati di campanacci, tamburi, salti. I mamutones portano sulle spalle enormi campanacci, che saltando fanno risuonare per i piccoli centri della  Sardegna centrale. Per rimanere dalle nostre parti, basti pensare a Pulcinella, che come già scrissi nel post di capodanno non è solo una maschera della Commedia dell'arte, ma in coppia con Zeza, la vecchia, rappresenta il nuovo (la primavera) che nasce sul vecchio e l'improduttivo (la vecchia, appunto).  Questo scontro tra razionale e irrazionale, istinto e peccato, cultura e ignoranza, sicurezza che assicura il cibo contro la fame collegata alla libertà e agli istinti si integra e borghesizza nelle figure legate ad ogni città, personaggi che fanno ridere (il riso è sempre sacro nelle civiltà antiche), che non contengono i propri istinti e che per pochi giorni in un anno prendono il sopravvento, in senso proprio letterle, sulla civiltà.



venerdì 10 febbraio 2012

Buonanotte

Adagio taoista: se trattieni il respiro, lo perdi; se lo lasci andare, lo possiedi.



evàdere, v. 

v. tr. Concludere, ultimare. ~ sbrigare. <>invadere. • evadere la corrispondenza , rispondervi. 
v. intr. 1 Scappare, sfuggire. ~ squagliarsela. 2Distrarsi, estraniarsi. ~ distogliersi. <> calarsi. 3Evitare il pagamento. • evadere le tasse . 

Etimologia: lat. evadere , comp. da ex -+ vadere passare.

mercoledì 8 febbraio 2012

L'unico punto fermo del cosmo


"Veda Casaubon, anche il Pendolo è un falso profeta. Lei lo guarda, crede che sia l’unico punto fermo nel cosmo, ma se lo stacca dalla volta del Conservatoire e va ad appenderlo in un bordello funziona lo stesso… Ci sono altri pendoli, uno è a New York al palazzo dell’ONU, un altro a San Francisco al museo della scienza, e chissà quanti ancora. Il pendolo di Foucault sta fermo con la terra che gli gira sotto in qualsiasi posto si trovi. Ogni punto dell’universo è un punto fermo, basta attaccarci il pendolo”

“Dio è in ogni luogo?”

“In un certo senso si. Per questo il Pendolo mi disturba. Mi promette l’infinito, ma lascia a me la responsabilità di decidere dove voglio averlo. Così non basta adorare il Pendolo là dov’è, occorre prendere di nuovo una decisione, e cercare il punto migliore. Eppure…”
“Eppure?”
“Eppure – non mi prenderà mica sul serio, vero Casaubon? No, posso stare tranquillo, siamo gente che non si prende sul serio… Eppure, dicevo, la sensazione è che uno nella vita ha attaccato il pendolo da tante parti, e non ha mai funzionato, e là, al Conservatoire, funziona così bene… E se nell’universo ci fossero punti privilegiati? Qui sul soffitto di questa stanza? No, non ci crederebbe nessuno. Ci vuole atmosfera. Non so, forse stiamo sempre cercando il punto giusto, forse è vicino a noi, ma non lo riconosciamo e per riconoscerlo bisognerebbe crederci.”

U.Eco, Il Pendolo di Foucault.


martedì 7 febbraio 2012

Buongiorno


Δεν ελπίζω τίποτα,
 δε φοβούμαι τίποτα, 
είμαι λέφτερος.

Non spero nulla, non temo nulla, sono libero.



Epitafio del poeta greco Nikos Kazantzakis (1883 - 1957)

sabato 4 febbraio 2012

Aristotelismi

"La filosofia nasce dalla meraviglia": molto prima degli occhiali verdi di Kant, che ci ha spiegato che in fondo siamo noi che imponiamo alla natura le nostre leggi, l'uomo si è spiegato i fenomeni naturali, le stagioni, il cattivo tempo, come manifestazioni del divino, del fiato  che ha formato l'universo: Giordano Bruno legava le gradi cose del cielo alle piccole cose della terra, le stelle al latte. Molto tempo fa un contadino che lavorava dove abitavo mi disse che un melone che stava crescendo si è spaccato per colpa della luna. La magia era quel modo che aveva l'uomo prescientifico per controllare la natura (regolare nel suo ciclo sì, ma sempre portatrice di eventi che colpiscono l'immaginazione) ed era collegata con le parole dotate di ritmo, con i suoni ritmati anch'essi, in definitiva con la musica. In latino carmen è sia la poesia che la formula magica. Il rapporto uomo terra, fecondità e fortuna, è passato al rapporto uomo - donna nella nostra era, ma è sempre preponderante l'elemento del ritmo della danza e della ritualizzazione della fecondità.

Questa parte l'ho scritta ieri sera, racimolando una serie di riflessioni che avevo fatto vedendo un lampo, ovviamente condite da notevoli bestemmie per le mani che mi s gonfiavano e io dovevo andare a suonare.

Stamattina mi sono svegliato invece con la neve, più che altro una spolverata metereologica di zucchero a velo. Niente di invalidante o di catastrofico, uno strato di neve che fra poco si scioglierà, lasciandoci col solito freddo becco di questi giorni.Nonostante  la mia veneranda età però mi sono messo a seguire i fiocchi di neve che cadevano, come un creaturo. Tutto questo per dire che ci meravigliamo ancora per un fulmine o per un fiocco di neve. Anche se da buon amante delle noccioline, mi ricordo di non innamorarmi di un fiocco di neve.




giovedì 2 febbraio 2012

P.B. Shelly




Fossi io una foglia che trasporti, o vento,
fossi una nube che segue il tuo volo
fossi un'onda gonfiata dal tremendo
tuo soffio: e fossi anch'io potente, solo,
libero come te, che mai nessuno
ha incatenato! Un tempo, vagabondo,
correvo e ti seguivo lungo il cielo:
tu percorrevi a passi azzurri il mondo
e sognavo di starti al fianco. Ma ora
sanguino fra le acute spine, stanco:
ti prego, alzami, vento, come un'onda
o una foglia, o una nuvola! Io gemo,
da una catena d'ore imprigionato,
io che ero come te: orgoglioso e libero,
come te: coraggioso e mai domato.

Traduzione libera di Ugo Foscolo della IV strofa dell'ode, pubblicata nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis.

mercoledì 1 febbraio 2012

Istante

On Air: NCCP - Candelora

La luce gialla di una lampadina al tuncsteno illumina la cucina da lavare, il caffè sul fuoco. Non ci potrebbe essere niente di più quotidiano, usuale e usato. Tra un po' vado ad immergermi nel misto di acqua vento rumore luci che è fuori. Ticchettio fastidioso delle gocce che cadono dai doccioni del palazzo e sbattono sulla ringhiera del balcone.

I giorni della Merla.