martedì 14 febbraio 2012

Seme

I media internazionali hanno ripreso a parlare della Grecia, soprattutto in questi giorni in cui il parlamento greco ha approvato una serie di riforme economiche per poter continuare a rimanere nell'Euro. Io sono stato in Grecia la primavera scorsa, in  viaggio con l'università e ancora adesso mi risulta difficile riuscire a descrivere tutte le sensazioni che questo contatto mi ha lasciato, soprattutto alla luce di quanto sta accadendo. Già ai tempi si profilavano prospettive plumbee per l'economia greca, ma vuoi per la quotidianità, vuoi per lo spirito del viaggio, semplicemente non ci abbiamo fatto caso. Due sono le sensazioni che ancora ricordo distintamente, una collegata alla Grecia nel suo insieme, l'altra ad Atene. La Grecia è una nazione sì mediterranea, ma al contempo povera, quasi pasoliniana. La macchia mediterranea non nascondeva infatti la natura quasi di sussistenza che avevano lì le varie attività umane, uguali in tutto e per tutto a quelle di un centro abitato dell'Italia meridionale di 10 anni fa: stessi colori, stessi banconi del macellaio, stesse insegne, tavolini, buste di patatine... Una volta, fermi in un ambrione di autogrill in Beozia, mentre la mia mente un po' deviata pensava a Esiodo che scriveva le Opere e i Giorni lì vicino, mi rendo conto che stiamo su una autostrada senza alcuna indicazione. Se si fonde il motore, mi chiedevo, come cazzo facciamo qua? " Salve sono un Socio Aci sono in panne nel bel mezzo della Beozia!". Tutto questo dopo aver fatto pipì nello scasso di macchine dietro al bar, tra vecchie Opel Agila, Fiat Duna e quant'altro gli anni '80 e '90 ci abbiano lasciato in fatto di auto. Anche la cucina risente di questa quasi disidratazione dell'ambiente: non c'è nulla che vada oltre l'insalata con la feta, i souvlaki (spiedini di carne), la pita. Il vino poi è sempre della casa. Se avete letto qualche post precedente avrete capito che al livello gastronomico per me è il paradiso: anzi, un cibo così semplice no fa altro che farmi ipotizzare che tre mila anni fa si mangiasse tutto così, uguale, che anche Platone mangiasse souvlaki. Per certo Socrate beveva quel vino fantastico che scende e sale in testa in maniera anche troppo disinvolta, e non mi riesce difficile capire perchè anche Polifemo, che non era abituato, si addormentò dopo averne bevuto. La Grecia quindi è ciò che vedete, non andateci a cercare altro, struttura scevra anche dell'idea di una sovrastuttura
Foto Simone Foresta
Per Atene il discorso cambia, o forse no. Ci hanno messo in testa che è stato il centro e l'apice della civiltà, ma a me è sembrato che ne sia stata, e ne sia ancora, l'incubatrice. Come altra capitale europea ho visitato solo Parigi: ebbene quest'ultima mi sembra sospera tra Napoleone e la Belle Epoque, mentre Atene è ancora il seme, l'embrione di tutto.Sentir parlare un greco è come sentir parlare uno spagnolo, un francese, un italiano, tutti insieme: anche se non lo capisci ti trovi a tuo agio. Ha, la lingua greca, una continuità di circa 6 mila anni, ha pronunciato tutti i concetti del mondo, e non sono Erasmo da Rotternam o Giovanni Reuchlin che fermeranno la continuità che c'è tra un abitante di Atene del 2012 d.C. e uno del V° secolo a.C. Nemmeno l'influsso del turco o dell'albanese segnano una frattura, e se pensiamo che il cirillico altro non è che un misto tra protoslavo e greco, vediamo come il greco vada ben oltre i confini che gli si è soliti assegnare. Non c'è niente della nostra cultura che non sia passato da lì. Le tavolette bruciacchiate che segnano l'inizio di una azione arrivata fino a me, la comunicazione tramite segni scritti, i popi ortodossi che ancora ti non concepiscono il Filioque, le maschere che come ho scritto ieri vengono dal teatro di Dioniso, il fatto di poter vedere il teatro di Dioniso e il Partenone con le tracce di Fidia e di Morosini rendono questa terra uno specchio in cui quel famoso homo interior che sta dentro di noi si ritrovi a casa.

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