lunedì 24 giugno 2013

Tutti i mondi possibili esistono davvero

Fu come un vano
sospiro
il desiderio improvviso d'uscire
di me stesso, di vivere la vita
di tutti,
d'essere come tutti
gli uomini di tutti
i giorni.

U.Saba, Il Borgo


Mi capita spesso, osservando  una fotografia su una bancarella, una persona sconosciuta in fila alla posta, leggendo il curriculum di qualche professore dell'università di interrogarmi sulle loro piccole cose di tutti i giorni, su cosa amano, cosa mangiano, cosa pensano del mondo, quali libri leggevano a 14 anni, ed è impossibile non paragonarli a me. Mi chiedo spesso quanto siano pesati su di loro le cose che pesano a me, la barba fatta male, le scarpe sformate di cui ti accorgi solo all'ultimo momento, i problemi per un futuro incomprensibile, quale sia il loro film preferito.
Mi chiedo se abbiano mai amato qualcuno, se siano stati contenti di mangiare il loro piatto preferito, quali siano le cose importanti per loro come le mie lo sono per me, come queste siano entrate nella loro vita.

Lo stesso accade anche con le cose: case diroccate che avranno sicuramente visto le vite di persone normali, banali, che facevano cose normali e banali. Libri non più letti, chi li ha letti mai, saranno piaciuti, saranno stati regali...Vedere foto di vecchie strade, palazzi, chiese, persone che sono state e che non sono più è come cercare di capire un teorema, la cui spiegazione però è sempre più veloce del tuo cervello e per un particolare che ti sembra di aver colto, ce ne sono altri mille che ti corrono davanti in tutte le direzioni senza che tu possa nemmeno sperare di prenderli.

Come per gli oggetti  usati e sformati, anche i corpi poi presentano segni di usura, segni di operazioni: tic, manie, cicatrici:  mi chiedo quanto e se abbiano sofferto, se si sono mai accorti dei  cambiamenti che stavano subendo, della schiena che si curvava e delle gambe sempre più pesanti. Le persone che scendono  da casa al mattino sono tutte storie ambulanti, reti di significanti e questa cosa non smette mai di stupirmi. Con l'uso dei social network tutti ci costruiamo un'immagine, volenti o nolenti, ma non è quello che mi attira: mi colpisce il quotidiano, quello che abbiamo sempre sotto le mani, lo sguardo usuale sul mondo, meglio ancora, la mancata elaborazione del mondo come rappresentazione di se che comporta l'uso dei social network. Mi colpisce come per secoli sia sia vissuto senza, senza sovrastrutture, e mi chiedo se non fosse vita anche quella. Mi stupisco quando vedo, appunto, ancora chi vive senza le mie strutture. 

Amo l'infinito intrecciarsi delle possibilità, intese  presenza fattuale di cose che possono (non) essere, che sono in me e non in altri e viceversa.

Passo davvero molto tempo nel gioco ozioso di arrovellarmi sulle possibilità degli altri, su cosa pensi e cosa mangi il tizio che ora urla sotto casa mia. Questi diventano per me come Eveline di Gente di Dublino, o Ulisse, un personaggio letterario qualsiasi che tu segui e (ri)conosci in base ai suoi gesti che, però, non sono raccontati da un autore nell'incastro di una storia più o meno sensata o conclusa, ma che viaggiano paralleli, si incrociano, ti coinvolgono anche solo per sapere dove si trovi Piazza Bovio e che ritornano poi a sparire nel labirinto dei fili e delle vite altrui, confondendosi gli uni sugli altri in un intreccio che è impossibile seguire.

Io ascolto e non capisco e tutto attorno mi stupisce
la vita, com'è fatta e come uno la gestisce
e i mille modi e i tempi, poi le possibilità
F. Guccini, Il pensionato

sabato 8 giugno 2013

È polvere anche la parola scritta


No, non ti salverà quanto lasciarono

scritto coloro che temendo implori;

tu non sei gli altri, ti trovi nel centro

del labirinto ordito dai tuoi passi.

Non ti salvano l’agonia di Cristo

o di Socrate, non ti salva Budda,

l’aureo Siddharta che accettò la morte

in un giardino, al cadere del giorno.

E’ polvere anche la parola scritta

dalla tua mano, la sillaba detta

dalla tua bocca. E’ impietosa la sorte

e la notte di Dio non ha mai fine.

La tua materia è il tempo, l’incessante

tempo. Sei tutti gli istanti e ogni istante. 
JLB