Moriva dal desiderio di salire in cielo attraverso il tetto e di volare verso un altro paese dove non avrebbe più sentito parlare dei suoi guai, eppure una forza lo spingeva dabbasso scalino per scalino.
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venerdì 10 agosto 2012
Carne umana (Sfogo)
Mi è capitato in questi giorni di andare al Campania. Tutto ciò che si poteva dire è stato già detto sulle masse, sull'omologazione, e forse non è nemmeno giusto riprendere una querelle spocchiosa contro queste masse di persone che si divertono, oggettivamente, con molto poco. Non c'è elaborazione di una coscienza, non c'è un fermarsi a chiedersi quale sia il senso di farsi delle foto su delle moto, l'importante è appunto fare: prendere la macchina, comprare cose, stare al fresco e prestare l'immagine dei propri figli a una campagna pubblicitaria, a sua volta immortalata da vari IPhon, tablet e macchine fotografiche. Ripeto di essere cosciente che non è giusto mettersi a gridare allo scandalo, in fondo non possiamo pretendere che tutti si divertano allo stesso modo, ci sono leggi del mercato, e un'offerta (commerciale i questo caso) è sempre legata a una domanda. Io però ho rivisto le foto che ho fatto e le ho cancellate tutte, era uno spettacolo veramente aberrante.
giovedì 10 maggio 2012
Pusilla res mundus est
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo
scrissero tutta la letteratura spagnola.
J.L. Borges, Ringraziare voglio il divino labirinto
Studiando i classici, soprattutto studiando quanto nei secoli è stato detto su di essi, si ha l'idea che il mondo sia stato da essi sviscerato. Nel Medioevo funzionava su per giù così: lo ha detto Aristotele, allora è vero. C'è anche chi porta l'esempio dell'imperatore Tiberio, che a un vetraio che aveva inventato il vetro infrangibile, invece di premiarlo, comminò la pena di morte (più precisamente lo buttò in pasto alle murene della sua villa di Capri) perchè il vetro infrangibile avrebbe mandato per strada tutti i vetrai dell'impero. C'è chi dice che se avessimo per intero gli Elementi di Euclide, i vari Bonaventura Francesco Cavalieri, Newton, Lindemann, Gauss non avrebbero trovato spazio in alcun libro di fisica o geometria. Per non parlare dei poeti, storici letti sempre e comunque in chiave ipermoderne e sostanzialmente anacronistiche, anch'essi a loro modo definitivi nella storia dell'umanità. Ho trovato, su suggerimento di un amico, un passo di Seneca che, quasi prevedendo tutto ciò, così avvertiva i lettori delle sue Naturales Quaestiones:
Quam multa animalia hoc primum cognouimus saeculo, quam multa negotia ne hoc quidem! Multa uenientis aeui populus ignota nobis sciet; multa saeculis tunc futuris, cum memoria nostri exoleuerit, reseruantur: pusilla res mundus est, nisi in illo quod quaerat omnis mundus habeat. (Nat. Quae. 7.30-5)
(Quanti animali abbiamo conosciuto per la prima volta in questo secolo, e quante cose ancora ignoriamo! I popoli futuri conosceranno molte cose che noi ignoriamo: molte ancorasono riservate per i secoli ancora futuri, quando sarà svanita la nostra memoria: il mondo sarebbe piccola cosa, se in esso ogni generazione non trovasse cose su cui fare ricerca!)
P.S. Solo una volta riletto tutto mi sono reso conto che ho citato in limine tre versi di Borges che contraddicono quanto dico nel post. Ma è Borges e tanto basta.
lunedì 7 maggio 2012
Promemoria
Estratto da un libro geniale che domani comprerò al fantastico prezzo di due euro a Mezzocannone, al banchetto di Dante e Descartes
domenica 6 maggio 2012
Invisibili linee
La natura tutta è governata da una profonda armonia,
invisibili linee collegano le piccole cose della terra,
come per esempio il potere degli uomini,
agli astri, agli infiniti mondi che ancora non conosciamo.
(dal film Giordano Bruno, 1973)
lunedì 9 aprile 2012
La superficialità mi inquieta ma il profondo mi uccide.
Alda Merini
Capita spesso che rimanga sveglio quando gli altri in casa dormono, oppure che rimanga da solo: essendo un po' abitudinario, o forse monomaniaco, tendo a toccare solo le mie cose, lasciando quelle degli altri lì al loro posto. Soprattutto di sera, con la luce che passa dalle persiane, luce artificiale della città, dei fari delle macchine, le cose rimangono lì e nello stesso tempo si muovono, diventando altro. Mettiamo che io affianco a me abbia una tazza, di quelle mug. In pieno giorno quella tazza è normale che sia lì dov'è, che non si muova e che sia mossa da me o da chi altro; col buio questa prospettiva cambia. Inizio a pensare che in fondo è solo per un puro caso, talmente accidentale che non lo ricordo nemmeno più, che quella tazza sia lì dov'è. Potrebbe averla comprata un tale prima di me, mettiamo un tale con dei figli piccoli: quella tazza ora sarebbe in frantumi, forse. Idem per tutte le altre cose che mi (ci) circondano e che riteniamo banali, quindi importanti (se mi serve banalmente una penna e non la trovo sono problemi). Non che io dica che le cose mi parlino, ma mi diverto a ripercorrere all'indietro un atto, un fatto, un esito che diamo per scontato e che ripercorrendolo a ritroso non si rivela in definitiva tanto scontato. Lo stesso discorso ovviamente lo possiamo estendere dalla penna alla cultura, all'amore, a noi stessi arrivando sempre al punto dove ci chiediamo esterrefatti due cose: come è cominciato tutto, e soprattutto, come facevo prima senza?
Alda Merini
Capita spesso che rimanga sveglio quando gli altri in casa dormono, oppure che rimanga da solo: essendo un po' abitudinario, o forse monomaniaco, tendo a toccare solo le mie cose, lasciando quelle degli altri lì al loro posto. Soprattutto di sera, con la luce che passa dalle persiane, luce artificiale della città, dei fari delle macchine, le cose rimangono lì e nello stesso tempo si muovono, diventando altro. Mettiamo che io affianco a me abbia una tazza, di quelle mug. In pieno giorno quella tazza è normale che sia lì dov'è, che non si muova e che sia mossa da me o da chi altro; col buio questa prospettiva cambia. Inizio a pensare che in fondo è solo per un puro caso, talmente accidentale che non lo ricordo nemmeno più, che quella tazza sia lì dov'è. Potrebbe averla comprata un tale prima di me, mettiamo un tale con dei figli piccoli: quella tazza ora sarebbe in frantumi, forse. Idem per tutte le altre cose che mi (ci) circondano e che riteniamo banali, quindi importanti (se mi serve banalmente una penna e non la trovo sono problemi). Non che io dica che le cose mi parlino, ma mi diverto a ripercorrere all'indietro un atto, un fatto, un esito che diamo per scontato e che ripercorrendolo a ritroso non si rivela in definitiva tanto scontato. Lo stesso discorso ovviamente lo possiamo estendere dalla penna alla cultura, all'amore, a noi stessi arrivando sempre al punto dove ci chiediamo esterrefatti due cose: come è cominciato tutto, e soprattutto, come facevo prima senza?
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Giorgio Morandi, Steel Life (1951) |
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domenica 26 febbraio 2012
Sherlock Holmes
La mia vita non è che un continuo sforzo per sfuggire alla banalità dell'esistenza.
La lega dei Capelli Rossi
lunedì 20 febbraio 2012
Nous ne sommes pas, nous ne voulons pas, être fort
Non c’é cena o pranzo o soddisfazione del mondo,
che valga una camminata senza fine per le strade povere
dove bisogna essere disgraziati e forti, fratelli dei cani.
PPP
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domenica 19 febbraio 2012
Solo gli ottusi sono brillanti la mattina a colazione.
O. Wilde
[Chi sono, dove sono, quando sono assente di me?
Da dove vengo, dove vado?]
-Pensieri mentre percorro il corridoio appena sveglio-
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sabato 4 febbraio 2012
Aristotelismi
"La filosofia nasce dalla meraviglia": molto prima degli occhiali verdi di Kant, che ci ha spiegato che in fondo siamo noi che imponiamo alla natura le nostre leggi, l'uomo si è spiegato i fenomeni naturali, le stagioni, il cattivo tempo, come manifestazioni del divino, del fiato che ha formato l'universo: Giordano Bruno legava le gradi cose del cielo alle piccole cose della terra, le stelle al latte. Molto tempo fa un contadino che lavorava dove abitavo mi disse che un melone che stava crescendo si è spaccato per colpa della luna. La magia era quel modo che aveva l'uomo prescientifico per controllare la natura (regolare nel suo ciclo sì, ma sempre portatrice di eventi che colpiscono l'immaginazione) ed era collegata con le parole dotate di ritmo, con i suoni ritmati anch'essi, in definitiva con la musica. In latino carmen è sia la poesia che la formula magica. Il rapporto uomo terra, fecondità e fortuna, è passato al rapporto uomo - donna nella nostra era, ma è sempre preponderante l'elemento del ritmo della danza e della ritualizzazione della fecondità.
Questa parte l'ho scritta ieri sera, racimolando una serie di riflessioni che avevo fatto vedendo un lampo, ovviamente condite da notevoli bestemmie per le mani che mi s gonfiavano e io dovevo andare a suonare.
Stamattina mi sono svegliato invece con la neve, più che altro una spolverata metereologica di zucchero a velo. Niente di invalidante o di catastrofico, uno strato di neve che fra poco si scioglierà, lasciandoci col solito freddo becco di questi giorni.Nonostante la mia veneranda età però mi sono messo a seguire i fiocchi di neve che cadevano, come un creaturo. Tutto questo per dire che ci meravigliamo ancora per un fulmine o per un fiocco di neve. Anche se da buon amante delle noccioline, mi ricordo di non innamorarmi di un fiocco di neve.
Questa parte l'ho scritta ieri sera, racimolando una serie di riflessioni che avevo fatto vedendo un lampo, ovviamente condite da notevoli bestemmie per le mani che mi s gonfiavano e io dovevo andare a suonare.
Stamattina mi sono svegliato invece con la neve, più che altro una spolverata metereologica di zucchero a velo. Niente di invalidante o di catastrofico, uno strato di neve che fra poco si scioglierà, lasciandoci col solito freddo becco di questi giorni.Nonostante la mia veneranda età però mi sono messo a seguire i fiocchi di neve che cadevano, come un creaturo. Tutto questo per dire che ci meravigliamo ancora per un fulmine o per un fiocco di neve. Anche se da buon amante delle noccioline, mi ricordo di non innamorarmi di un fiocco di neve.
mercoledì 1 febbraio 2012
Istante
On Air: NCCP - Candelora
La luce gialla di una lampadina al tuncsteno illumina la cucina da lavare, il caffè sul fuoco. Non ci potrebbe essere niente di più quotidiano, usuale e usato. Tra un po' vado ad immergermi nel misto di acqua vento rumore luci che è fuori. Ticchettio fastidioso delle gocce che cadono dai doccioni del palazzo e sbattono sulla ringhiera del balcone.
I giorni della Merla.
La luce gialla di una lampadina al tuncsteno illumina la cucina da lavare, il caffè sul fuoco. Non ci potrebbe essere niente di più quotidiano, usuale e usato. Tra un po' vado ad immergermi nel misto di acqua vento rumore luci che è fuori. Ticchettio fastidioso delle gocce che cadono dai doccioni del palazzo e sbattono sulla ringhiera del balcone.
I giorni della Merla.
martedì 31 gennaio 2012
Fallire meglio
Mi sono sempre chiesto quanto di una persona sia già definito dalla nascita e quanto invece sia perfettibile. Quanti l'impegno e l'acquisizione di una o più tecniche possano incidere sulla psiche umana, possano aprire le finestre del cervello e a nuove dimensioni, e soprattutto cosa vuol dire aprire nuove dimensioni? ça va sans dire, sto ascoltando New Frontiers di Battiato. Per sondare il terreno mio terreno sto imparando a disegnare. Il disegno in sé è un'attitudine umana, che consiste nella riproposizione bidimensionale di quanto con la nostra mente vediamo in maniera tridimensionale; da buon fumettofilo, sto imparando a disegnare la figura umana, i suoi volumi e le sue proporzioni, avvalendomi di tutto il materiale esistente in rete.
Piano piano acquisirò una tecnica, farò un occhio, mi verrà normale disegnare un braccio della lunghezza giusta, riuscirò a fare decentemente mai e occhi, croce e delizia di quanti disegnano.
Ma qui arriva un altro problema: una volta dotato di tecnica, con cosa la rimpolperò? la tecnica è per definizione arida, e quando incanali qualcosa che hai dentro con accorgimenti pratici particolari ottieni l'arte. Io non ho alcuna pretesa artistica, mi basta disegnare decentemente Batman, Daredevil, cose così. Mi ha sempre colpito dei disegnatori, e degli artisti in generale, la capacità che credo innata di vedere la realtà, sintetizzarla nella propria mente e riprodurla nelle sue linee più schematiche. Tu vedi una cosa e la disegni, ma tra la linea che disegni e e l'oggetto che hai di fronte passi tu, il tuo cervello, la tua visione del mondo. Non è solo un fatto di abilità, ma è indice di una qualità, di una caratteristica che non tutti hanno.
Per ora sono riuscito, dopo due giorni di bozze e prove, a finire un disegno di Batman che prima o poi troverò il modo si postare, forse ci farò un album apposito. Sempre che io riusca a imparare qualcosa che non so fare.
"Avete tentato e avete fallito. Non importa. Tentate ancora. Fallite ancora. Fallite meglio"
Samuel Beckett
venerdì 27 gennaio 2012
L'unica cosa reale
Mancano 53 minuti, da quando ho cominciato a scrivere, a domani. I giorni scorrono via così (ogni metafora è già stata usata, mettetene una a piacere: foglie, sabbia, fiumi...) e non esiste un momento per fermarli, non esiste una pozione per riempirli. Come i giorni passano sul calendario, così noi cambiamo, e Aristotele ci insegna che noi chiamiamo tempo la misura del cambiamento secondo il prima e il poi. Non esiste però alcun momento, in queste giornate che viviamo sulla terra, in cui siamo esentati dalla compagnia di noi stessi. Esiste sempre un momento in cui ci sediamo, ci stendiamo e il nostro interiore homine viene a redarguirci e farci sentire tutto il suo peso. Il peso di un talento non commerciato, di un fiore non colto o al contrario il bidone che ci hanno rifilato in cambio del talento o la puzza che emanava un fiore che ci sembrava degno della nostra attenzione. Ovviamente non so a cosa mi porterà quanto sto dicendo, se tirerò delle conclusioni, anzi, proprio sulle conclusioni, sto iniziando a smettere, come sigarette: niente più abitudine a razionalizzare, a sviscerare un problema: solo il problema, il mondo di fuori, la realtà e io. Un dualismo che si potrebbe dire idealistico, fichtiano, ma è una situazione che chiunque hegelianamente si trovi a essere come essere nel mondo prova almeno una volta al giorno: per continuare con metafore banali di filosofia ottocentesca, è il pendolo che oscilla costantemente tra la noia e il dolore. Non nascono questi due atteggiamenti, da alcun desiderio particolare, da alcuna particolare considerazione di se: nasce quando non ci sono stimoli, non c'è la musica ribelle che ti dice di uscire e ti urla di cambiare, di mollare le menate e di metterti a lottare. A questa situazione di paludamento, che non analizziamo più fiduciosamente alla ricerca delle cause, per poter poi trovare delle soluzioni, ci si oppone in due modi, opposti ma che danno lo stesso risultato: o ci si ritira a fare quello che ci pare, ma che sarà si e no condivisibile con una sola persona per no più di un anno (se va tutto bene), oppure ci si butta nella mischia, anzi, nella prima mischia che capita, pur di sentirsi vivi. Come diceva una canzone, vale la pena anche di ferirsi per sentirsi vivi. Oppure scendere a patti sempre con tutto il mondo, non volere più esprimersi per entrare in un circolo vizioso di noia (chi veramente sa reggere una conversazione così su due piedi? chi veramente non ha solo tre o quattro interessi di cui parla in continuazione?) e vivere come uno zombie senza alcuna spinta? Mortificare se stessi nell'uno e nell'altro caso: da un lato l'apatia totale, dall'altro il fiume di gente per cui "vivere" vuol dire fare cose che non durano nemmeno il tempo di se stesse, basta semplicemente uscire dai soliti posti e dai soliti schemi. Per poi ritornarci subito dopo senza aver mai abbandonato per un istante il proprio modo di vedere le cose. Ti vesti, esci, parli di cose con persone che forse ne sanno meno di te, o persone che non ti danno nulla se non continue conferme su cose (o a volte, più tristemente, su nozioni) che già conosci da tempo. Questo a cosa porta, a me personalmente cosa porta, cosa ci guadagno? Una venti euro spesa senza manco potermi ubriacare e alleggerire un po', perché (appunto) siamo sempre tutti misurati, parliamo male dei bigotti ma ci comportiamo come loro, solo che casomai ci scappa più facilmente un Porco Dio che ci fa sentire infinitamente fighi, quasi dei maledetti, solo perchè la domenica mattina non si ascolta la nonna e non si va in Chiesa: dai Carmina Burana alla poesia rinascimentale esiste una enorme produzione satirica sui bigotti, ma noi ci sentiamo delle anime dannate, una specie di Jim Morrison redivivo che scandalizza la società col suo membro in vista sotto i pantaloni di pelle attillati. Una volta tornato a casa quindi, che si fa? E se ti stai a casa, che fai? Come eviti questo uomo nero di Esenin che ti guarda e ti spiattella davanti agli occhi l'inconcludenza della tua vita. Come si fa ad uscire da qui?
Un uomo solo è sempre in cattiva compagnia. (Paul Valéry)
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martedì 20 dicembre 2011
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