Visualizzazione post con etichetta Zeitgeist. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Zeitgeist. Mostra tutti i post

giovedì 23 agosto 2012

Postulati fisiologici

                Bansky       Il graffito “che pulisce”


Dopo avere assai lungamente letto i filosofi tra le righe, dopo averli osservati attentamente, io mi dico: bisogna ancora collocare la maggior parte del pensare consciente, e perfino il pensare filosofico tra le attività dell'istinto: bisogna cominciare ad imparare da capo come si è fatto a proposito dell'atavismo e dell'«ereditarietà». Come l'atto della nascita per sé stesso non può esser preso in considerazione nel processo e nel progresso dell'ereditarietà, così del pari la «coscienza» non può venir contrapposta in senso decisivo all'istinto. Quasi tutto il pensare cosciente del filosofo é diretto segretamente dai suoi istinti ed é costretto a prendere una via determinata. Anche dietro la logica e le sue mosse, in apparenza splendidamente indipendenti si celano apprezzamenti di valore, o, per parlare più chiaramente, postulati fisiologici per la conservazione d'una data specie di vita. Per esempio, che il determinato abbia maggior pregio dell'indeterminato, che all'apparenza valga meno della «verità» : cotali apprezzamenti, per quanto possa essere la loro importanza regolatrice per noi, non sono che apprezzamenti soggettivi, una specie di « niaiserie », la quale può essere necessaria per la conservazione di esseri quali noi siamo. Sempre ché non debba esser proprio l'uomo " la misura delle cose "

F.W. Nietzsche, Al di là del bene e  del male, 1886

lunedì 18 giugno 2012

Patacche



L'universalità di un'opinione, parlando seriamente, non costituisce una prova e non è nemmeno una probabilità che l'opinione sia corretta.  
Arthur Schopenhauer, L'arte di ottenere ragione, stratagemma nº 30 



La sagra del concetto banale spacciato per verità assoluta. La frase fatta  che se proprio è recente, è degli anni  '70. Alcune sono così entrate nel luogo comune che si trovano scritte sugli stand delle librerie Feltrinelli, anche'esse, ahimè, sagre del luogo comune e della patacca d'autore.
Girando su internet mi sono imbattuto in questa pagina

http://it.wikiquote.org/wiki/Citazioni_errate

Enjoy!



venerdì 27 gennaio 2012

L'unica cosa reale

Mancano 53 minuti, da quando ho cominciato a scrivere, a domani. I giorni scorrono via così (ogni metafora è già stata usata, mettetene una a piacere: foglie, sabbia, fiumi...) e non esiste un momento per fermarli, non esiste una pozione per riempirli. Come i giorni passano sul calendario, così noi cambiamo, e Aristotele ci insegna che noi chiamiamo tempo la misura del cambiamento secondo il prima e il poi. Non esiste però alcun momento, in queste giornate che viviamo sulla terra, in cui siamo  esentati dalla compagnia di noi stessi. Esiste sempre un momento in cui ci sediamo, ci stendiamo e il nostro interiore homine viene a redarguirci e farci sentire tutto il suo peso. Il peso di un talento non commerciato, di un fiore non colto o al contrario il bidone che ci hanno rifilato in cambio del talento o la puzza che emanava un fiore che ci sembrava degno della nostra attenzione. Ovviamente non so a cosa mi porterà quanto sto dicendo, se tirerò delle conclusioni, anzi, proprio sulle conclusioni, sto iniziando a smettere, come sigarette: niente più abitudine a razionalizzare, a sviscerare un problema: solo il problema, il mondo di fuori, la realtà e io. Un dualismo che si potrebbe dire idealistico, fichtiano, ma è una situazione che chiunque hegelianamente si trovi a essere come essere nel mondo prova almeno una volta al giorno: per continuare con metafore banali di filosofia ottocentesca, è il pendolo che oscilla costantemente tra la noia e il dolore. Non nascono questi due atteggiamenti, da alcun desiderio particolare, da alcuna particolare considerazione di se: nasce quando non ci sono stimoli, non c'è la musica ribelle che ti dice di uscire e ti urla di cambiare, di mollare le menate e di metterti a lottare. A questa situazione di paludamento, che non analizziamo più fiduciosamente alla ricerca delle cause, per poter poi trovare delle soluzioni, ci si oppone in due modi, opposti ma che danno lo stesso risultato: o ci si ritira a fare quello che ci pare, ma che sarà si e no condivisibile con una sola persona per no più di un anno (se va tutto bene), oppure ci si butta nella mischia, anzi, nella prima mischia che capita, pur di sentirsi vivi. Come diceva una canzone, vale la pena anche di ferirsi per sentirsi vivi. Oppure scendere a patti sempre con tutto il mondo, non volere più esprimersi per entrare in un circolo vizioso di noia (chi veramente sa reggere una conversazione così su due piedi? chi veramente non ha solo tre o quattro interessi di cui parla in continuazione?) e vivere come uno zombie senza alcuna spinta? Mortificare se stessi nell'uno e nell'altro caso: da un lato l'apatia totale, dall'altro il fiume di gente per cui "vivere" vuol dire fare cose che non durano nemmeno il tempo di se stesse, basta semplicemente uscire dai soliti posti e dai soliti schemi. Per poi ritornarci subito dopo senza aver mai abbandonato per un istante  il proprio modo di vedere le cose. Ti vesti, esci, parli di cose con persone che forse ne sanno meno di te, o persone che non ti danno nulla se non continue conferme su cose (o a volte, più tristemente, su nozioni) che già conosci da tempo. Questo a cosa porta, a me personalmente cosa porta, cosa ci guadagno? Una venti euro spesa senza manco potermi ubriacare e alleggerire un po', perché (appunto) siamo sempre tutti misurati, parliamo male dei bigotti ma ci comportiamo come loro, solo che casomai ci scappa più facilmente un Porco Dio che ci fa sentire infinitamente fighi, quasi dei maledetti, solo perchè la domenica mattina non si ascolta la nonna e non si va in Chiesa: dai Carmina Burana alla poesia rinascimentale esiste una enorme produzione satirica sui bigotti, ma noi ci sentiamo delle anime dannate, una specie di Jim Morrison redivivo che scandalizza la società col suo membro in vista sotto i pantaloni di pelle attillati. Una volta tornato a casa quindi, che si fa? E se ti stai a casa, che fai? Come eviti questo uomo nero di Esenin che ti guarda e ti spiattella davanti agli occhi l'inconcludenza della tua vita. Come si fa ad uscire da qui?

Un uomo solo è sempre in cattiva compagnia. (Paul Valéry)



venerdì 23 dicembre 2011

Natività

Il senso di dipendenza dell'uomo è il fondamento della religione; ma l'oggetto di questo sentimento, ciò da cui l'uomo dipende e si sente dipendere, non è altro, in origine, che la natura. La natura è l'oggetto primo, originario della religione, come dimostra ad usura la storia di tutte le religioni e di tutti i popoli.

 L. Feuerbach, L' essenza del cristianesimo.


Icona russa della scuola di Rublev, 1410-1430

Caravaggio, Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, 1609, rubato dalla mafia il 18 ottobre 1969. Secondo il pentito Gaspare Spatuzza  Natività sarebbe stata affidata negli anni Ottanta alla famiglia Pullarà (capimafia del mandamento di Santa Maria del Gesù). I Pullarà avrebbero nascosto l'opera in una stalla fuori città, dove, senza protezione, fu rosicchiata da topi e maiali. I resti della tela sarebbero stati poi bruciati.


Salvador Dalì, 1964-1967